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  • Immagine del redattoreErika

FASHION REVOLUTION WEEK 2017


In molti avrete già sentito parlare della Fashion Revolution Week, ma probabilmente in molti altri no.

Come sempre le belle iniziative e i bei movimenti passano in sordina rispetto a campagne pubblicitarie a scopo di lucro che hanno i mezzi per promuoversi a qualsiasi costo, quindi ho deciso che quest'anno ne avrei parlato qua sul blog.

Ve la faccio brevissima, poi se vi interessa, una rapida ricerca on line vi darà informazioni più precise.

Tutto è cominciato con il crollo del Rana Plaza nel 2013 in Bangladesh: un edificio enorme che si è sbriciolato sulla testa di migliaia di persone, uccidendone 1138. Persone che ci stavano lavorando dentro, in condizioni disumane, con livelli di sicurezza inesistenti.

Lavoravano alla produzione di capi per alcune delle più potenti multinazionali di fast fashion che, fino a quel momento, avevano ignorato le numerose richieste di controlli.

In poche parole si è trattato di una tragedia annunciata, che davvero si poteva evitare.

Questo evento ha portato l'attenzione su un problema reale, che fino a quel momento era stato sottovalutato, reso invisibile dalla disinformazione, oscurato, messo in secondo piano: il problema delle condizioni di lavoro delle persone impiegate a produrre capi FAST FASHION, in paesi poveri, dove far rispettare i diritti umani sembra utopia ancora oggi.

Oltre a questo, un secondo tragico aspetto è emerso, a confermare quanto la fast fashion sia tossica e sbagliata: l'impatto ambientale che ne consegue è disastroso, perché più la roba costa poco, più vale poco, più ne compriamo, più la buttiamo in fretta per comprane altra. E questo genera montagne di rifiuti.

Ci avevate mai pensato? Io, onestamente, NO.

E qui veniamo a noi.

Fashion Revolution pone l'attenzione sull'arma potentissima che abbiamo nelle nostre mani: e cioè il nostro potere di acquisto. Perché tutte le volte che spendiamo, o non spendiamo, i nostri soldi, STIAMO PRENDENDO UNA DECISIONE.

E questa decisione ha SEMPRE un impatto su ciò che ci circonda.

Fashion Revolution ci mette davanti alla realtà del fatto che "cosa e dove comprare" è una scelta e questa scelta ha delle ripercussioni, per le quali nella maggior parte dei casi non siamo noi a pagare direttamente.

La provocazione che ci chiede, è quella di indossare uno dei nostri capi a rovescio, con etichetta bene in vista e di usare l'hashtag #whomademyclothes per sensibilizzare l'opinione pubblica, e soprattutto le grandi case produttrici, sull'argomento.


Ora ci terrei anche a dirvi come la vivo io.

Vi confesso che qualche anno fa, quando per la prima volta ne ho sentito parlare da Gaia Segattini, sono andata parecchio in crisi perché mi sono sentita stupida, superficiale , quasi un'assassina, nel pensare a quanta roba inutile avevo nell'armadio.

E mi sono sentita subito colpevole, intuendo dentro di me la consapevolezza inconfessabile del fatto che non sarei riuscita di punto in bianco a rinunciare alle catene di fast fashion.

Mi sono crucciata, maledetta, dispiaciuta.

Ho sentito tutto il peso delle cose sbagliate di questa faccenda gravare sulle mie spalle. E ho pensato che avrei potuto cominciare a cambiarle con le mie sole forze.

Con sacrifico, privazioni e una volontà di ferro.

Poi è arrivata la fase "ma tanto non cambierà mai niente", e ho pensato che era tutto inutile che tanto non sarei certo stata io, con i miei sacrifici e con due soli vestiti nell'armadio, a risollevare le sorti dei lavoratori sfruttati, o quelle di un pianeta oramai sull'orlo del collasso.

E come sempre è venuto a galla il Morrissey che è in me e ha cominciato a ripetermi che l'unico vero regalo che la razza umana potrebbe fare alla Terra, e a se stessa, è quello di estinguersi.

Mi sono insomma trovata nel turbine di emozioni che spesso mi prende quando affronto tematiche etiche (come il discorso vegetariano/vegano, per esempio), perché ci vedo sempre tantissime contraddizioni e impazzisco nel trovare cavilli che provano il fatto che, per quanto si possa fare, essere coerenti al giorno d'oggi (già solo per il pc o lo smartphone che teniamo in mano per leggere e scrivere questo post) è impossibile.

Poi finalmente sono tornata ad essere ragionevole e mi sono calmata.

Ho cercato di essere realista e ho trovato un compromesso con me stessa e la mia coscienza.

Un compromesso che mi permetta di migliorare costantemente, senza troppi traumi o rinunce.

Un percorso di consapevolezza e di scelte ponderate che consiste sostanzialmente nel

COMPRARE SOLO

CAPI CHE SONO SICURA AMERO' A LUNGO

ed evitare con tutte le mie forze di essere fregata dal meccanismo "vabbè non mi convince ma lo compro lo stesso perché costa una sciocchezza e anche se lo metto una volta non ci rimetto niente", perché è proprio tutto qua il succo: per mia leggerezza, QUALCUNO PAGHERA'.

Perché ogni scelta ha conseguenze.

Nell'ultimo anno poi, avendo cominciato anche ad occuparmi di abbigliamento (#prettyinmad_apparel), oltre che di accessori (#prettyinmad_accessories), è stato molto gratificante poter cucire alcuni capi per me stessa, oltre che per le mie clienti, ed è stato ancora più facile diminuire gli acquisti di roba a poco.

Forse anche per questo motivo, attualmente mi ci sento "così dentro".

Ora sta a voi capire in che modo volete e potete agire.

Mettetevi in discussione, ragionate, pensate.

Non vi sto dicendo che Fashion Revolution vi chiede di diventare paladini dei diritti umani e attivisti di Greenpeace entro giovedì (anche se sarebbe tutto molto bello). Ciò che vi viene chiesto è semplicemente di diventare CONSAPEVOLI, perché è da lì che parte tutto.

E se vi va, di sostenere con le vostre scelte quotidiane, piccole realtà handmade come la mia che, mi sento di dire, non sono una vera e propria alternativa al fast fashion, (perché ragazzi, ammettiamolo: quale artigiano IN REGOLA in Italia può permettersi di vendere ai prezzi di, per esempio , Zara o H&M? - ...se vi dico cos'ho fatturato nel 2016 e quanto mi è rimasto al netto delle spese e della pressione fiscale vi mettete piangere con me, ma questa è un'altra storia, che forse vi racconterò più in là), ma è comunque l'opportunità per preferire un acquisto ad un altro, ogni tanto, sempre di più, quando avete voglia di una cosa bella bella e solo vostra, impacchettata con amore, invece di una roba presa su da un cestone dove ce ne sono altre mille uguali, che pagherete poco perché vale poco.

Insomma quello che voglio dire è di cominciare a pensarci e di indirizzare le nostre scelte, nel limite delle nostre possibilità, nella direzione giusta.

E' proprio uno di quei casi in cui poco, ma tutti insieme, può fare tantissimo.

Se questo post vi avrà fatto riflettere anche solo cinque minuti sulla questione, mi riterrò soddisfatta!

Ed ora scaricate i FREE PRINTABLES è diffondete il verbo!

Erika

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